Molti scrittori hanno osservato che parlando con i cani ci comportiamo più o meno come quando parliamo con i bambini: la nostra voce diventa acuta, ci abbassiamo per parlare con loro da vicino; parlando li tocchiamo; facciamo giochi di parole, li chiamiamo con molti nomignoli, li vezzeggiamo, cantiamo e ci perdiamo in un mondo più innocente del nostro.
Quando un bambino ci dice che siamo noiosi, restiamo sorpresi: non ci aspettiamo di essere giudicati, e un cane, con rarissime eccezioni, non ci giudica mai. Molti, sentendosi chiedere per quale motivo amano il loro cane, ricorrono a questo argomento. In realtà la mancanza di giudizio sulle nostre azioni non è un motivo per amare qualcuno; anzi, in un essere umano questo comportamento ci sembrerebbe indice di apatia o di immoralità. Viceversa il cane appartiene in un certo senso a un altro regno, a un mondo diverso.
I cani fanno, sì, certe distinzioni, ma in termini propri soltanto a loro, e forse non sapremo mai come ci considera il nostro cane in quel linguaggio perché non possiamo accedervi. Inoltre. così come noi possiamo pensare una cosa e sentirne un'altra, amare la persona ma detestare quello che fa, forse anche il cane può disprezzare il nostro comportamento ma amarci lo stesso.
Jerome K. Jerome ha scritto, in Idle Thoughts of an Idle Fellow :
E quando affondiamo il viso fra le mani, augurandoci di non essere mai nati, i cani non si drizzano in tutta la loro altezza, osservando che ce la siamo voluta, e neppure si augurano che ci serva di lezione, ma si avvicinano a passi felpati, appoggiando la testa sulle nostre ginocchia... e lui alza la testa con i grandi occhi sinceri, per dirti con lo sguardo: "Ebbene, ci sono sempre io, lo sai. Andremo per il mondo insieme e ci sosterremo sempre a vicenda, non è vero?"