L'ennesimo femminicidio ad opera dell'ex

di Giuseppe Chirico

È una profonda tristezza ricorrente. La sintesi della vicenda è nel titolo di un noto quotidiano italiano di giovedì 8 ottobre 2015: “Madre di 20 anni uccisa dall’ex. L’aveva denunciato per stalking”.
Sembra la ripetizione ad perpetuum di una storia senza fine. Ma lo Stato non può più sottrarsi alle sue precise responsabilità, che non può più delegare a nessuno. Se non intervenisse con drastiche decisioni, si assumerebbe tutte le responsabilità morali, e se io fossi avvocato, anche penali, dei futuri “femminicidi”. Perché? È presto detto.
Nella “cultura” popolare italiana vi è ancora un residuo inconscio dell’antico diritto romano, secondo il quale il pater familias aveva il diritto di vita e di morte sugli altri componenti della famiglia: moglie, figli, schiavi, senza dover rendere conto ad alcuno. È oggi accettabile? Direi di no; nessuno può contestarmi questa semplice e chiara mia opinione.
Però, sino ad alcuni decenni addietro vigeva in Italia una grande attenuante per gli omicidi commessi per motivi di onore. Cioè un marito che uccideva la moglie adultera veniva condannato per omicidio volontario ma con il pretesto del “delitto di onore” aveva grandi attenuanti e scontava quindi una pena inadeguata e quindi irrisoria. Era giusto? Direi di no.
Non mi dilungo qui sulle innumerevoli altre leggi attuate, da questa repubblica ultra-permissiva, a favore di chi viola le leggi con omicidi o lesioni gravissime, od altri reati. Perché accade questo? Io ho una piccola ipotesi, ma qui non la espongo; perché? Non lo dico. Forse un’altra volta, senza impegno.

Torniamo al tema Femminicidi.
Orbene. Quando la donna presenta una denuncia di stalking le cose sono ormai alla fase che precede di poco la tragedia. Perché? Perché la denuncia arroventa la situazione e prelude al finale tragico; e soprattutto perché lo Stato nella sua abituale ottusità burocratica, non vuole attuare le ovvie misure di prevenzione.
Le ovvie misure di prevenzione in tali casi, accertate rapidamente le sicure responsabilità del persecutore, sono l’arresto e la detenzione in carcere; gli arresti domiciliari non servono a niente e neanche i divieti di vario tipo di accesso, etc. Le cronache ci insegnano che queste norme non servono a nulla.

Chi è determinato a farsi “giustizia” da sé è pronto anche ad uccidere ed uccidersi. Cui prodest? A chi giova? A nessuno.
Se ci sono figli, restano senza madre e se il persecutore si suicida, anche senza padre. Se non c’é il suicidio, il persecutore va in carcere ed il risultato non cambia perché c’è un papà, ma in carcere perché ha ucciso la mamma.

Cosa fare? Dopo la prima denuncia per stalking, il persecutore va arrestato e condotto in carcere. Nel seguito immediato devono essere condotte tutte le indagini; se queste saranno probatorie il persecutore dovrà essere condannato ad una pena severa di anni ... e rieducato assiduamente.
Gli dovrà essere spiegato che una persona appartiene solo a sé stessa; nessuno può dire “questa è mia” perché quella donna è solo di sé stessa, anche nelle sue scelte affettive ed erotiche, che possano essere, in dati casi, mutevoli ed insindacabili da chicchessia.

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